"Ambrogiappone, tu mi vizi"

Sono tornata in Italia per una settimana.



Nota per me: non tornare mai più in Italia per una settimana.

Dover programmare incontri/bevute/feste con tutti gli amici, tempo per la famiglia, impegni vari, per non parlare del cercare di mostrare più cose possibili all'ospite che mi ero portata dal Giappone... senza contare il mezzo avvelenamento da cibo che mi ha costretta a rimanere rinchiusa per un giorno. Lesson learned.

E' la seconda volta che torno in Italia da quando mi sono trasferita in Giappone: l'aura di novità ed eccitazione si è diradata e ha lasciato spazio a un'osservazione più distaccata. In particolare, questo viaggio mi ha fatto rendere conto di una realtà fino ad ora ignorata:

L'80% delle culture ha un'educazione di merda.

Il russo che al bar dell'aeroporto di Mosca ci ha fatto pagare due birre il doppio solo perché non capivamo come funzionavano le rupie. Gli indiani chiassosi che alla coda per il check-in si sono messi in fila in due per tenere il posto a 8 altre persone che sono arrivate dopo con valigie gigantesche facendosi spazio nella fila a spintoni, e il tipo dietro di me che mi ha agganciato il suo carrello bagaglio alle mie reni continuando a spingere, gli venisse la diarrea a spruzzo. Le vietnamiti che alla fila per il transito cercavano spudoratamente di sorpassarmi. L'italiano al controllo passaporti, che invece di fare il suo lavoro ha continuato a parlare per mezzo minuto con il suo collega prima di cagarmi di striscio, lasciandomi andare senza neanche aprire il passaporto. I genitori di tutte le culture che portano i bambini in aereo e poi se ne fregano se questi ultimi straziano l'anima a noi persone che abbiamo ancora una vita sociale e li lasciano correre/urlare/piangere/urlare/rompere cose/urlare, lasciali fare poverini sono tanto carini.

Devo dirlo: sono fortunata a vivere in Giappone. E' facile lamentarsi, e molte persone usano il blog come strumento per sfogarsi (l'ho fatto anch'io). Ma lasciatemi dire, niente come questo viaggio avrebbe potuto farmi apprezzare di più questo paese. Le lacrime signori, le lacrime di felicità nel rivedere persone in fila per uno e impiegati con il sorriso.

"Oh my god we're HOME. Let's never leave again".

Se solo avesero lo stracchino e i tortellini di Giovanni Rana.



3 rockers:

  1. Ti capisco perfettamente...specialmente con gli indiani...le file non esistono proprio per loro!! Quando sono 'in fila' in mensa ad esempio, mi capita di pensare "adesso e' il mio turno" una media di 5-6 volte.............con 3 persone me e il cassiere inclusi!!!!!!

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    1. E' una cosa che ti consuma dentro... io non credo che sarei piu' capace di vivere in una societa' cosi' adesso.

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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