Flashback

Che bello, stamattina non avevo nemmeno tanto sonno. Staccare skype aiuta ogni tanto.
Sono uscita per fare colazione, ho sparecchiato, mi sono preparata e sono uscita.
Dopo aver avviato la lavatrice mi sono incamminata verso l'ufficio, salutando l'autista del corriere che viene a caricare merce ogni mattina: l'unica persona al mondo ad avere il permesso di chiamarmi fantolina.
...e cel'avresti anche tu se mi avessi procurato un biglietto per il concerto dei Rancid quando avevo 15 anni.
In ufficio solita routine, finisco un po' di lavori, mi brucio ancora un po' la retina fissando lo schermo del computer, faccio pausa cappuccino e assaggio un cioccolatino moldavo al gusto di cactus.
Cactus?
E a questo punto nei film americani la voce fuori campo dice qualcosa come "sembrava una giornata normale come tutte le altre, e invece, proprio in quel momento, qualcosa di inaspettato successe."

E cazzo se successe.
No, non è venuto nessun godzilla a mangiarsi il tetto della fabbrica, anche se quasi quasi preferirei lui alle orde di maggiolini che stanno infestando il cielo di maggio...quello che successe è un flashback. E' bastata una frase letta, una piccola innocua semplice frase e si è scatenata una reazione a catena pazzesca.
"...andava in terrazza a raccogliere le sigarette lasciate dagli studenti durante gli intervalli..."
boom.
La terrazza. La Terrazza. La porta scorrevole scavalcare i condizionatori e sei fuori. Il caldo insopportabile.
Boom.
A destra, in fondo. Sorpassa i polacchi le francesi i tedeschi, nell'angolo. Accendi la sigaretta, ridi.
BOOM.
La ringhiera blu. Scotta. Siediti sul pavimento dietro ci sono i tubi che sputano aria calda. Davanti c'è Shinjuku.

Come sensazione la paragonerei a quando stai camminando, anzi correndo, e c'è un ramo basso, anzi no, un palo di ferro. Troppo basso. Ma tu non lo vedi e ci sbatti violentemente la testa contro e stramazzi a terra. Quella sensazione di dolore misto a sorpresa, e più svanisce la sorpresa più si intensifica il dolore. Uh-uh, direi che calza come paragone.
Solo che il genio non si ferma qui, no, prima che il cervello riesca a dirle di smettere subito lei pensa bene di andare a rileggersi i racconti di Tokyo che aveva scritto. Peggiorando notevolmente le cose. Ed è curioso come i flashback vengano per delle cose all'apparenza normali, come ripensare alla mia musichetta della metro preferita per esempio. Takadanobaba. Turururuuuuuu...e a forza di flashback, alla fine sono andata a fare la spesa con una faccia sconvolta che devo aver terrorizzato almeno un paio di vecchiette. La prima persona che icontro al supermercato che mi rivolge la parola, prima cosa che fa mi chiede: "allora con il Giappone??" Scena muta, faccia ancora più sconvolta, tanto che alla cassa ho rischiato di falcidiare (che contenta che sono quando riesco ad usare questa parola) con l'enorme carrello della Dico una povera signora che stava pagando, e che mi ha pure chiesto scusa.
Ormai è fatta, sono in trappola, tanto che tornata a casa dal pranzo concludo lo shock in bellezza riguardandomi il quaderno che avevo in Giappone. Perché, oltre a portarmi sempre dietro un quadernetto per scrivere testi di canzoni, pensieri, menate, ho anche preso l'abitudine di annotarmi tutte le frasi particolari/filosofiche/divertenti che sento in giro. Quindi questo quaderno è pieno delle cazzate che sparavo a Tokyo con i miei amici e compagni di scuola, e rileggendole, a parte la testata al palo di ferro di cui sopra, mi è tornato in mente di quando sono tornata, di come rileggendo quelle frasi otto mesi fa in Italia mi fossi accorta che non potevo condividerle con nessuno in quel momento, perché nessuno le avrebbe capite. Di come mi bloccavo a metà delle frasi quando cercavo di raccontare del mio viaggio ai miei amici italiani, rendendomi conto che lì la frase "first we yobu the staff then we tanomu the check" non faceva ridere. Non aveva neppure senso.

Avrei dovuto capirlo dal cioccolatino al cactus che questa non era una giornata normale.



0 rockers:

Posta un commento

 

Post più popolari